Maffei riformista

La sua multiforme attività puntò coraggiosamente allo svecchiamento delle strutture sociali e culturali italiane. Fu, con Muratori, una tappa importante per il passaggio dall'età degli eruditi a quella dei riformatori. L’interesse per le riforme politiche, sociali e religiose si espresse in opere come la Scienza chiamata cavalleresca (1710),

il Consiglio politico presentato al governo veneto (1737). In essa sono affrontati temi fondamentali nel dibattito politico del tempo: l’importanza di ampliare la partecipazione dei cittadini alla vita

politica dello stato, il ruolo dell’aristocrazia. Il Suggerimento era infatti destinato ai patrizi della Dominante, i quali dovevano "prevedere piccole correzioni come l'aggiunta, ad esempio, di non più di venti nobili della Terraferma nel Maggior Consiglio, rappresentanti non tanto della nobiltà della propria casata bensì delle città di origine, depositarie esse di uno statuto di nobiltà" (Pii, 1998, pp. 94 s.). Anche sulla scorta delle recenti esperienze europee il MAFFEI si fece portavoce di un repubblicanesimo aristocratico fondato più sui principî che sui concreti meccanismi costituzionali.

La "cosa pubblica" si identificava per lui con gli interessi dei cittadini, che dovevano essere convinti di agire "non più per interesse altrui, ma per proprio ancora, e per un corpo" di cui ciascuno di loro era membro. Muovendo dal principio "dell'interessare tutti al governo", il MAFFEI costruiva un'immagine idealizzata del mondo romano, non lontana da quella del primo Montesquieu, con immediate ricadute politiche nell'ambito della Repubblica veneta. Non a caso il modello costituzionale inglese era implicitamente proposto come il più vicino agli antichi ideali della Roma repubblicana. Nell’opera Dell'impiego del denaro (1744) affronta il problema dell’ “usura” (intesa come lecito guadagno, necessario per permettere lo sviluppo di una economia moderna, come nei paesi del nord Europa.

Pubblicato il 14-10-2015