Il Liceo Austriaco

Con queste premesse, appare inevitabile l'avvio di una sorta di "epurazione". Scompaiono dall'arredamento del Liceo-Convitto le aquile napoleoniche, come quella in bronzo che aveva ornato la lucerna di una camerata. Sparisce il busto in marmo di Napoleone, che a suo tempo era stato collocato al posto di una statua di San Domenico. A sloggiarlo, è un altro busto, in gesso questa volta, dell'imperatore Francesco I.

Scomparirà anch'esso, nel 1866, quando entreranno a Verona le truppe italiane.

L'epurazione non si limita agli aspetti esteriori. Le autorità asburgiche, che pure danno segno di moderazione mantenendo pressoché intatto il corpo docente, allontanano dalla cattedra il prof. Ciro Pollini. è un eminente studioso di botanica, ma viene considerato troppo compromesso con il passato regime. Muta in modo abbastanza rilevante l'indirizzo e soprattutto lo spirito degli studi. Un segno vistoso lo offre la fine degli esercizi militari ed il peso crescente assunto dalle pratiche religiose. Quanto agli insegnamenti, essi si adeguano, apparentemente senza gravi difficoltà, ai nuovi tempi.

La politica scolastica dell'Austria, non priva peraltro di aspetti positivi, impone a docenti e discenti un rigido conformismo in tema di valori: la scuola deve formare sudditi fedeli, pronti ad obbedire alle leggi dello stato e ad onorare l'imperatore che lo rappresenta. Nel 1822, il Liceo rende omaggio a Francesco I commissionando un quadro che lo raffigura mentre premia i giovani che si sono distinti negli studi. L'immagine è costruita in modo da dare l'idea di una reverente devozione degli studenti. Il quadro avrà poi nel 1915, nel clima infuocato delle polemiche tra "neutralisti" ed "interventisti", verrà preso di mira dagli studenti interventisti: per evitare danni irreparabili, sarà necessario rimuoverlo dal Liceo.

Ma gli Imperatori, al Liceo-Convitto di Verona non vengono onorati solo in effigie. Quando il successore di Francesco I, Ferdinando, visita la scuola nel 1838, l'accoglienza è, almeno formalmente, calorosa. E succede lo stesso nel 1857, con Francesco Giuseppe, che esprime ufficialmente la sua "sovrana compiacenza e soddisfazione" per il modo in cui è stato festeggiato. Sono episodi significativi e non suscitano meraviglia, se si pensa alla formazione morale a cui sono soggetti gli allievi. La religione ha in quel periodo un ruolo fondamentale al Liceo e contribuisce ad instillare nell'animo dei giovani la persuasione che uno dei loro doveri più importanti sia quello di essere sudditi fedeli dell'Impero.

Chi trasgredisce è colpito con severità, anche se i docenti sono sempre esortati a considerare le punizioni come una "estrema ratio". Li si invita ad agire prima di tutto con persuasione. La sorveglianza esercitata sui giovani appare comunque soffocante. Si censurano pesantemente i comportamenti poco conformistici sul piano formale (dalle lunghe "capigliature" alla "smania di tabacco"), ma a suscitare particolarmente allarme sono soprattutto atteggiamenti pericolosi in campo politico. Come la lettura dei libri "proibiti" o anche solo vagamente sospetti, il sottrarsi allo studio della lingua tedesca o il portare con se qualche oggetto (succede per una spilla con l'effigie di Garibaldi) rivelatori di sentimenti patriottici.

Nel distribuire punizioni, il Liceo-Convitto dimostra una fervida fantasia: la segregazione, la rinuncia forzata al vino o allo scaldino, il "sedere al tavolo del disonore o il vestire l'abito della vergogna". Senza contare la singolare e poco igienica imposizione di "tracciare con la lingua una croce sul pavimento". Quanto ai professori ed alle loro simpatie politiche, appaiono divisi: ci sono gli "austriacanti", con le relative sfumature (uno di loro, Gaetano Scartabello, verrà definito "austriacantissimo"), e quelli sospettati invece di propensioni liberali. Ma i più appaiono prudenti esecutori delle disposizioni impartite dalle autorità: o perché non hanno particolari orientamenti politici o perché si studiano accuratamente di non rivelarli. Quando è il caso, si procede a forzati trasferimenti o alla sospensione dell'insegnamento. Succede raramente, e lo si fa allorché si teme che il "contagio rivoluzionario" si estenda agli studenti.

Da ricordare, infine, qualche cambiamento sul piano dell'organizzazione didattica. Senza entrare nei dettagli, va citato il prolungamento del corso complessivo degli studi, che ora arriva ad otto anni, il rilievo assegnato all'istruzione religiosa con relative "pratiche di pietà", il francese sostituito dal tedesco, la soppressione del convitto e la tardiva ma consistente introduzione dello studio della lingua e della letteratura italiane. Resta comunque immutato l'indirizzo fondamentale: le discipline umanistiche mantengono il loro primato, anche se, continuando una tendenza già presente nel periodo francese, gli studi scientifici conservano un ruolo di tutto rispetto.

Pubblicato il 14-10-2015