Da una guerra all'altra

Quando scoppia la prima Guerra mondiale, molti dei docenti e degli studenti del Liceo non nascondono le loro simpatie interventiste. Non costituiscono un'eccezione, poiché in tutta Italia i giovani che frequentano le scuole e le università sono orientate in questo senso: il "Maffei" in particolare vanta all'epoca una spiccata tradizione patriottica.

Ma al di là degli entusiasmi nazionalistici, una volta l'Italia entrata in conflitto, la vita del Liceo deve misurarsi con problemi di ogni genere.

Molti giovani, un'ottantina, non fanno ritorno dal fronte ed un professore, Enrico Sicher, è ucciso da una scheggia il 14 Novembre 1915, quando Verona è bombardata da alcuni velivoli austriaci. Ma anche la scuola come tale vive un momento difficile. Basterebbe ricordare la terza liceale dell'anno scolastico 1917/18, ridotta a soli sette studenti. O le difficoltà economiche dei docenti, che già negli anni precedenti avevano lamentato l'esiguità dei loro stipendi. Ora, con le privazioni causate dal conflitto, affermano di trovarsi, sono parole loro, in uno stato di "indigenza" con stipendi inferiori a quelli dei "lavoratori così detti del braccio".

Fra il 1919 ed il 1923, con tre distinte cerimonie tutte caratterizzate da un rinnovato patriottismo, il Liceo commemora i suoi caduti: lo fa con un "ricordo marmoreo" dedicato al professor Sicher, con la "Ara virtutis" destinata a ricordare le giovani vittime del conflitto e con l'inaugurazione del Parco della rimembranza. In quest'ultima circostanza (siamo nel 1923) si riuniscono al Liceo circa duemila persone e sono presenti tutte le autorità cittadine. Nei discorsi ufficiali non ci si limita alla prevedibile esaltazione del sacrificio compiuto dagli studenti: non mancano infatti anche i toni aspramente polemici che riflettono i contrasti politici dei primi anni del dopoguerra. Il patriottismo degli interventisti del 1915, viene collegato da uno degli oratori all'impegno di quanti si sono poi opposti "alla canea degli agitatori urlanti contro la patria". è, come si diceva, il 1923 ed il fascismo, che ha conquistato il potere da un anno, si va ormai consolidando. Risale proprio al 1923 la Riforma Gentile che dà al Liceo Classico, e quindi anche al "Maffei", un'organizzazione degli studi destinata a continuare fino ai nostri giorni. A metà degli anni '20, il Liceo veronese conta circa 500 studenti e 35 professori. Il ginnasio, che all'epoca comprende cinque classi, si articola in quattro sezioni, mentre al Liceo sono soltanto due. La scuola, pur essendo in crescita sul piano quantitativo, punta ancora decisamente alla selezione. Agli esami di maturità (prendendo come esempio l'anno scolastico 1923/24) i candidati sono 46: 26 passano a Luglio, 12 ad ottobre e 8 vengono respinti. La presenza femminile continua, sia pure lentamente, ad aumentare: in questo periodo arriva ad un quinto fra gli studenti e un decimo fra i docenti.

Severa anche la disciplina: quando qualcuno sgarra, si procede ad "inchieste", condotte con modalità e terminologia che ricordano quelle giudiziarie: si parla infatti di "interrogatori", di "imputati", di "confessioni" e così via. Particolarmente numerose, ma non è una novità, le misure disciplinari per parole ed atti ritenuti, di volta in volta, "grossolani", "sconci", "licenziosi". Continuano le propensioni goliardiche degli studenti e non mancano episodi di incompatibilità con docenti giudicati troppo severi. Ma ogni generalizzazione va evitata: molti docenti godono infatti di notevole "popolarità", sia per il loro equilibrio che per le loro capacità culturali e didattiche riconosciute da tutti.

Negli anni Trenta, la crescita del Liceo continua. Nel 1939/40, si arriva a 1032 studenti con ben 402 ragazze: l'esigua pattuglia delle "giovinette" di fine secolo è un lontano ricordo. La Riforma Gentile è ormai pienamente attuata, e, sempre nel corso degli anni Trenta, compaiono nel Collegio dei docenti alcuni docenti destinati a legare il loro nome al "Maffei". Come, per citarne alcuni, Aldo Pasoli, Caterina Vassalini, Pietro Scapini, Domenico Azzolini, Walter Cavarzere, Mario Berni, Giuseppe Fauri, Giovanni Giulietti, Ercolano Oppi, Gabriele Steinmayr.

Blando fino all'anno scolastico 1935/36, il processo di fascistizzazione si fa progressivamente più intenso. Tocca, naturalmente, anche al "Maffei" di subirlo, ma l'istituto, nel suo complesso, conserva una relativa autonomia. Indicativa, a tale proposito, la testimonianza di Alberto Caracciolo, pensatore fra i più significativi nel panorama filosofico italiano del Novecento, che del "Maffei" conserverà un grato ricordo. Quello di Verona, scriverà poi, "non era un piccolo Liceo di provincia: era in quegli anni, almeno nella sezione che ebbi la fortuna di frequentare, una scuola eccezionalmente privilegiata per la presenza di docenti di vivissimo impegno e di cultura superiore". Da loro egli impara ad apprezzare il valore della libertà ed a trovare un'alternativa politico-culturale alla "fascistizzazione" in atto.

Si tratta comunque di spazi che vanno restringendosi sempre più. Anche perché molti studenti e molti docenti seguono, per convinzione o per semplice conformismo, le direttive del Regime. Si ripercuotono così, nel microcosmo maffeiano, tutte le scelte della politica scolastica di quegli anni. Comprese le cosiddette "leggi razziali", che comportano l'esclusione di testi con "brani di autori di razza ebraica", e l'allontanamento forzato dalla scuola di un professore di scienze, Corrado Bonaventura, che, per usare il linguaggio burocratico dei documenti del tempo, viene "sospeso dall'insegnamento perché di razza ebraica".

Pubblicato il 14-10-2015