Scipione Maffei, questo sconosciuto!



  

Il nuovo logo del nostro Liceo include un’antica immagine dell’Arena tratta dall’iconografia rateriana, ossia una “veduta aerea” della nostra città che il vescovo Raterio avrebbe commissionato nel X secolo e corredato  con un distico composto da lui stesso in onore di Verona. Non è tanto noto però che la preziosa “mappa” è in realtà una copia settecentesca che il marchese Scipione Maffei fece eseguire dall’originale da lui trovato nel 1739 nel monastero di Lobbes (Francia), un cinquantennio prima che la pergamena andasse a fuoco con tutto il monastero sull’onda della rivoluzione parigina.

 

 

L’ERUDIZIONE E LA RICERCA STORICA

     Il 20 gennaio del 1867, dopo l'annessione del Veneto al regno d'Italia, il nostro Liceo fu intitolato a Scipione Maffei (prima, essendo l’unico, era semplicemente l'Imperial Ginnasio liceale di Verona), e già allora ci fu chi non era d’accordo, e invocava il nome di Catullo, o dell’umanista Guarino… Gli eruditi, si sa, non ispirano un’istintiva simpatia, e il nostro marchese ancora in vita si era fatto non pochi nemici.

     Il ritrovamento dell’iconografia rateriana non fu l’unico suo merito, in una vita dedicata all’incessante ricerca documentaria, diplomatica ed epigrafica che lo vide a fianco dei grandi eruditi del suo tempo (come Ludovico Antonio Muratori) nell’intento non solo di “riscrivere” una storia d’Italia, ma anche di porre le basi scientifiche per un nuovo metodo di ricerca storica.

     I risultati più palesi di questa frenetica attività antiquaria furono, si sa, le grandi pubblicazioni: l’Istoria diplomatica,  l’Ars critica lapidaria, e la monumentale Verona Illustrata. 

Ma è merito particolare degli studi di Gian Paolo Marchi aver collocato la figura del Maffei in un contesto più articolato, collocandolo in un movimento di pensiero e di pratica civile decisamente proiettato in direzione illuminista.

 

LA CULTURA, BENE COMUNE     

     Il Museo Lapidario costituito dal Maffei nel cortile d’ingresso del Teatro Filarmonico si presenta come uno dei primi musei pubblici d’Europa, affatto distinto 

dalla tradizione delle collezioni private: “Che giova averne due quattro o sei? Che giova privatamente averne in villa o quasi nascoste qua e là? quando non siano in un luogo libero e a tutti pubblico, per gli studiosi sono inutili...”

     Di più: la collocazione del recinto antiquario proprio all’ingresso del teatro che stava nascendo dalla collaborazione del Maffei con gli Accademici Filarmonici e con l’architetto Francesco Galli Bibiena era segnale di una concezione urbanistica improntata ad un alto senso dell’educazione civica: lo studio dell’antico era il passaggio obbligato per accedere alla pratica della cultura moderna, che nel teatro trovava, secondo il Maffei, la sua migliore espressione e rappresentazione. Idea sostenuta nel trattato Dei teatri antichi e moderni, e tutt’altro che condivisa dai più, come l’abate Concina, che gli oppose De spectaculis theatralibus, sostenendo l’immoralità insita nel teatro stesso.   

 

LE SMANIE PER LA NATURA

          

È pure un’acquisizione recente, e sempre del prof. Marchi, il ruolo sostenuto dal Maffei agli albori di quella riforma teatrale che ci porta di lì a poco ai lavori di Carlo Goldoni.

A fianco del capocomico Luigi Riccoboni e della bella e colta attrice Virginia Balletti, impegnata nel ruolo della sua tragedia Merope, il Maffei propugnava un nuovo teatro che, sul modello dei grandi classici francesi, fosse lontano dalle astrusità delle scene barocche e, modulato sulla “naturalezza” dell’endecasillabo, potesse servire da elevazione morale ed intellettuale per un vasto pubblico, non solo aristocratico.

     Naturalmente anche su questo fronte non mancarono gli avversari: Jacopo Martello (inventore del verso martelliano, che uscì sconfitto dal confronto con la Merope) gli si scagliò contro con la parodia del Femia Sentenziato, in cui, fra le torbide cause del successo della tragedia maffeiana, insinuava anche quella di un suo rapporto non molto professionale con la primadonna Balletti…

    E fu infine del marchese Maffei l’idea di far incontrare il giovane avvocato Carlo Goldoni con l’impresario Imer nel teatrino diurno dell’Arena, determinando così l’ascesa della sua carriera teatrale. Di quell’episodio gli sarà grato sempre il Goldoni, che volle l’Arena sul frontespizio delle sue Commedie nell’edizione Pasquali.

     Forte della sua esperienza alla corte illuminata di Vittorio Amedeo II di Savoia e dei suoi contatti con l’architetto-urbanista Filippo Juvarra, il Maffei ideò con Alessandro Pompei alcune soluzioni urbanistiche che ebbero poi conseguenze determinanti per il futuro di Verona: la sistemazione della piazza Brà con il passeggio del Liston, la nuova direttrice verso il Campo Marzo… Inoltre, propose al vecchio governo della Serenissima un Consiglio politico in cui prospettava un regime parlamentare rappresentativo dei cittadini su modello di quello inglese…

     Credo ce ne sia abbastanza per meritarsi il titolo di un Liceo radicato sugli studi classici e proiettato verso il futuro della città, della nazione e dell’Europa.

 

Gaetano Miglioranzi

Pubblicato il 14-10-2015