Auguri di Natale dal nostro Dirigente Scolastico


Carissimi Studenti e Studentesse,

Gentili Docenti e Personale scolastico,

Gentili Genitori,

 

dopo due mesi ormai di didattica a distanza e ancora così incerti nell’imminenza delle prossime Festività natalizie, mi permetto di condividere con voi alcuni pensieri.

Si sono spesso usate in questo periodo, per rappresentare il tempo e le difficoltà che stiamo attraversando, diverse metafore e forse quella che con più frequenza ci è stata proposta è quella della “guerra”: stiamo vivendo un’esperienza di guerra contro un nemico sfuggente e mai prima conosciuto. E rimanendo allora su questa suggestione, potente e inquietante, l’impressione che spesso ci troviamo a vivere è che, lasciato alle spalle da tempo il periodo che abbiamo sentito come “eroico” della scorsa primavera, quando avevamo la percezione che tutti insieme e uniti fossimo chiamati a resistere sull’estrema linea di combattimento per raggiungere presto la vittoria, ora siamo invece come precipitati in una sorta di guerra di stazionamento e logoramento, con movimenti lenti, sfiduciati, incapaci di recuperare il senso di un impegno collettivo.

Mi chiedo allora se vi possano essere parole capaci forse di aiutarci a ritrovare resistenza e forza e la prima che mi viene alla mente è la parola desiderio, termine di origine latina affascinante e pieno di suggestioni.

Alcune fonti antiche indicano il desiderium come il sentimento di attesa che i soldati rimasti nell’accampamento provavano, pieni di trepidazione e dubbio, nell’aspettare i veterani che combattevano sulla prima linea nel campo di battaglia: e come non sentirci spesso così anche noi, in ansia per noi stessi e per i nostri cari…

Ma più precisamente, il termine desiderium alludeva alla condizione del trovarsi “privati delle stelle” (de sideribus), quando gli indovini sotto un cielo oscuro e appunto senza stelle non erano più in grado di trarre dalla contemplazione degli astri i presagi per scrutare il futuro e intuire la direzione da intraprendere.

Essere nel desiderio significa allora innanzitutto, così come spesso succede oggi a tutti noi, vivere l’esperienza del disorientamento, della perdita di riferimenti, di mappe terrestri o celesti che ci aiutino a trovare un cammino.

Tuttavia, sappiamo anche che nel tempo questa parola si è arricchita di altri significati: l’esperienza del desiderio, infatti, ci mette in movimento e la condizione della mancanza promuove energie, ci volge con intensità e vitalità verso qualcosa che rappresenta ciò a cui aspiriamo e che è il termine del nostro desiderare.

La saggezza che sempre si deposita nel linguaggio mi pare ci inviti oggi a saper ricomporre quello che ora sperimentiamo invece come separato; a volte sentiamo infatti che questo tempo, in cui molte cose ci mancano, è un tempo che nega e avvilisce, mentre la ricchezza semantica del desiderium ci suggerisce che solo l’esperienza della mancanza può produrre con autenticità la tensione vitale verso qualcosa.

Ecco, penso che una parola che ci possa aiutare e che vorrei reciprocamente ci augurassimo è appunto questa, di essere capaci di restare anche in questo tempo difficile nella pienezza della dimensione del desiderio.

E tuttavia c’è un’altra parola dalla quale siamo provocati e che dobbiamo saper accogliere, ed è legge: quante leggi, quante norme hanno dallo scorso marzo accompagnato in modo imperativo la nostra vita, cambiandone radicalmente abitudini, contenendo, come sappiamo accadrà anche nelle prossime Festività, quella che invece vorremmo fosse la libera e piena espressione dei nostri più intimi desideri. Leggi necessarie che tuttavia producono fatica e, talvolta, resistenze.

Un saggio di qualche anno fa dedicato alla figura del padre suggeriva come, evaporata la funzione paterna autoritaria e dogmatica, ciò che i “padri” sono oggi chiamati a lasciare come eredità alle giovani generazioni è la testimonianza di come si possa vivere nella legge tenendo vivo il desiderio.

Credo che in realtà questo sia un impegno al quale, nella situazione in cui viviamo, siamo sollecitati tutti noi, per non sentirci avviliti nella nostra libertà o frustrati nella manifestazione e progettazione di noi stessi.

Tenere assieme legge e desiderio, riuscire a trovare e vivere una loro nuova e reciproca misura, forse è davvero il compito che questo giro di storia ci assegna per poter ritrovare le stelle, tornare a “considerare”, cum sideribus, con fiducia il nostro difficile presente e un futuro che ci appare opaco.

Dopo le oscurità e le angosce infernali, Dante chiude la prima cantica della Divina Commedia con un verso memorabile spesso citato, quasi usurato, e che oggi invece torna ad incantarci, a commuoverci e stupirci per quanto possa esprimere ciò che più intimamente e autenticamente desideriamo:

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

È l’augurio che di cuore e con vicinanza rivolgo a tutti Voi, nella vigilia di un Natale che non sarà dimenticato, di “guerra”, di “stelle”.

Buone Festività.

 

Il Dirigente Scolastico

Roberto Fattore

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Pubblicato il 23-12-2020