Qualche pensiero, tra Machiavelli e il dress-code

Circ. n°400 

 Verona, 5 maggio 2023

A tutta la Comunità scolastica
Liceo Statale Scipione Maffei

 Oggetto: Qualche pensiero, tra Machiavelli e dress-code

Cari Studenti e Studentesse,

Gentile Personale Scolastico

Gentili Genitori,


                nell’avvicinarsi delle belle giornate, desidero condividere con Voi qualche pensiero su una questione che, come una sorta di motivo stagionale, in passato è stata spesso posta al centro del dibattito scolastico e pubblico.

                Mi riferisco al dress code, tema talora banalizzato, altre volte enfatizzato, in ogni caso non facile da avvicinare, sempre in bilico tra sensati, ma forse un po’ generici, inviti al decoro e dettagliate descrizioni di abiti leciti o non leciti, con il rischio di misurare un po’ la morale con i centimetri di spalle o di ginocchia scoperti.

                Certamente anche a scuola, come in molti altri contesti e situazioni in cui ci troviamo, tutti noi siamo chiamati, in primavera o in estate (come del resto anche in inverno o d’autunno, perché no?), a tener conto della differenza degli ambienti in cui viviamo, facendo anche del modo di vestire una cifra con cui esprimere un senso di rispetto verso le altre persone che li abitano, nella consapevolezza della diversità di ragioni, significati e valori che ogni ambiente esprime e chiede.

                Sicché, come in maniera un po’ pittoresca si dice, andare a scuola e andare in spiaggia devono pur sempre rimanere esperienze distinte, anche nella maniera di vestire.

                Mi piace ricordare, a questo proposito, un passo della lettera che Niccolò Machiavelli, in esilio da Firenze dove erano tornati a governare i Medici, scrive all’amico Francesco Vettori nel 1513. Ritiratosi in un suo podere presso San Casciano, trascorreva le sue giornate tra faccende e incombenze quotidiane, spesso avvilendosi all’osteria giuocando a cricca, a trich-trach tra mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose.

                Tuttavia, prosegue nella lettera, “venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti delli antiqui huomini”.

                È il momento in cui Machiavelli, messi da parte affanni, paura della povertà e della morte, si dedica allo studio, all’incontro sempre ricco e vivo con gli autori del passato, indossando abiti, in senso letterale e metaforico, degni e rispettosi della loro grandezza.

                È un incontro, questo insieme a molti altri, che certamente la scuola ogni giorno propone per farne occasione di approfondimento, riflessione e crescita e che chiede anche a noi panni reali e curiali, cioè atteggiamenti e abiti, interiori ed esteriori, che sappiano assegnare valore a quell’esperienza.

                Più in generale, soffermarsi sulla questione del dress code può divenire anche occasione per misurare la nostra capacità di porre in equilibrio il desiderio di affermazione della nostra originalità e personalità, che si esprimono anche nel modo di vestire, con il rispetto di norme generali, per così dire impersonali e spersonalizzate, che ci richiamano a comportamenti adeguati e conformi ai contesti in cui viviamo, facendo ad esempio nostro quello che comunemente si chiama il senso del decoro o del pudore.

                Tutti noi, così consapevoli dei diritti e delle prerogative dovuti alla nostra individualità, siamo pertanto chiamati anche a confrontarci con una sorta di “soggetto comunitario” che certo si nutre dell’apporto innovativo e talvolta provocatorio di ciascuno di noi, ma che contemporaneamente ci educa e ci chiama a valori comuni che chiedono a loro volta di essere rispettati, valori che ci precedono, che attraversano il nostro presente per interpellarlo ed esserne interpellati.

                Mi ha sempre colpito, a tal proposito, il fatto che nel mondo antico le espressioni per indicare ciò che fosse lecito o non lecito, giusto o ingiusto, ciò che si addicesse o provocasse vergogna e pudore (licet, decet, piget, pudet,..) fossero sempre utilizzate in forma impersonale, mentre la persona che sperimentava la norma o il sentimento divenisse oggetto subordinato ad un sentire o ad un dovere generale e comune (è pudore che io…; è vergogna che io…; è decoro che io …).

                La scuola, che sempre più è vissuta come uno spazio familiare che sappia accogliere e valorizzare l’originalità di ciascuno e che ha negli anni via via attenuato il proprio ruolo precettistico e normativo, resta quindi un contesto di trasmissione di principi di umanità e di cultura che chiedono e vogliono far maturare, in modo interiore e non formale, comportamenti che di quei principi siano espressione.

                Lo sappiamo, il nostro corpo, alla pari delle parole, dice di noi, del nostro modo intimo e unico di essere e di stare con noi stessi e con la realtà che ci circonda.

                Allo stesso tempo, però, esso è oggetto e quasi preda anche di un discorso pubblico, lo vediamo ogni giorno attraverso mass media e social, che parla dei e sui nostri corpi e che fa della bellezza, della prestanza fisica, della seduttività i paradigmi di valore dominanti.

                È importante allora far sì che la scuola possa essere anche uno spazio per sottrarre i nostri corpi a quel discorso, che spesso ci fa sentire sbagliati e inadeguati, invitando tutti noi ad individuare un modus, una misura certo non facile da definire e mutevole nel tempo, capace di esprimere la pienezza e l’unicità del nostro essere in armonia rispettosa con i diversi luoghi e contesti che ogni giorno accolgono le nostre vite in relazione profonda con le vite degli altri.

                Anche, certo, attraverso gli abiti che indossiamo e che di quella misura possono farsi segno.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Roberto Fattore

                                                                                                                                              

 

 

Allegati

400_Qualche pensiero, tra Machiavelli e il dress-code.pdf

Pubblicato il 05-05-2023